... parole per addetti ai lavori

22.08.2013 15:47

il mio pensiero

parto da una convinzione molto forte: la scuola deve EDUCARE A PENSARE.

Sono convinta che educare a sollecitare un pensiero sempre più profondo significa educare a saper ascoltare, a saper discutere, a saper riflettere, a saper vedere, ma anche a saper collegare e scoprire le connessioni tra i concetti”, significa saper mettere in relazione e capire le analogie.

Non mi riferisco ad un “credo pedagogico” particolare ma alla necessità da molti indicata e condivisa di “far vivere un problema”, si tratta di un percorso dinamico attraverso il quale le fasi si apprendimento da noi progettate articolano la costruzione di una conoscenza significativa impegnando gli studenti nell’acquisizione di abilità e competenze in una operatività continua.

La metodologia che applico e adotto, si muove lungo un percorso che si articola nella costruzione di una conoscenza significativa, procedendo attraverso fasi di apprendimento:

- creare tensione cognitiva

- sapere che i bambini conoscono e attivano conoscenze in base ai problemi che si propongono alla loro attenzione

- sollecitare la discussione del gruppo (il docente non darà spiegazioni immediate o risposte, accetterà ogni ipotesi e solleciterà la ricerca)

- far accumulare esperienze e, capitalizzando le esperienze formulare concetti

- far conoscere ciò che i partecipanti alla discussione hanno scritto o detto

- soddisfatto l’interesse per il problema, proporre un altro problema che costringa ad un ripensamento e che provochi altre esperienze in modo da ampliare le conoscenze.

Voglio mettere in atto quel meccanismo per cui si sviluppa nello studente il desiderio di arricchire le proprie conoscenze, offrendo occasioni di riflessione affinchè impari a pensare in modo autonomo. Aiutarlo a sviluppare nuovi concetti e nuovi linguaggi, non attraverso la ripetizione ma attraverso l’esperienza.

Secondo me il bambino : deve imparare a scomporre i concetti, a saper scomporre le esperienze, a saper scomporre i fenomeni nei loro elementi costitutivi per analizzarli, e rimontarli per ampliare le sue conoscenze”.

L’obiettivo del mio agire educativo corre verso lo sviluppo dell’individuo in tutte le sue dimensioni; uno sviluppo che si affianca alla scoperta graduale attraverso il confronto continuo con i propri simili e talvolta aperto sulla realtà sociale, talvolta rappresentata nel gioco o nell’artificio didattico compiuto dagli insegnanti.

Quello che mi propongo è un percorso di apprendimento collaborativo.

Il significato di educare a pensare con il quale si avvia un individuo (alunno) a vivere un problema sta nella convinzione secondo la quale un concetto già servito al discente e pronto per essere ripetuto in modo automatico è un concetto che si può definire non problematizzato, è quindi un’esperienza mancata che l’alunno non interiorizza e, come tale, incontrandolo in situazioni future diverse, non potrà riconoscere e quindi affrontare per risolverla.

Le strategie messe in atto nell’educazione al pensiero offrono proprio quegli elementi idonei alla formazione di individui pensanti, che si pongono problemi e siano flessibili e sempre pronti al cambiamento. Tali strategie permettono la “creazione” di menti pronte, abili e sollecite ai continui cambiamenti tipici dell’età in cui si vive.

In conclusione,

“educazione al pensiero sintetizza gli obiettivi che la scuola dovrebbe porsi: insegnare a saper vedere, a saper discutere,a saper ascoltare, a saper riflettere; cioè insegnare agli alunni a saper sviluppare il proprio senso critico e a saper decidere nelle situazioni che si presentano nella vita di tutti i giorni”.

Il mio (nostro per chi la pensa come me) è un obiettivo alto, che da anni sto cercando di raggiungere e con il quale continuo a dimostrare, anno dopo anno, come si può “fare scuola”.